Ci sono incontri che ti cambiano la vita. Incontri che in un primo momento ti chiedi come siano potuti accadere, perché non era scontato che avvenissero; ma poi, se ti fermi a riflettere, ti accorgi che erano inevitabili. Non perché sei stato tu a volerli, ma semplicemente perché un disegno universale ci ha messo lo zampino.
Era il 2009 quando io e Otto ci incontrammo per la prima volta. Non avevo mai avuto niente a che fare col mondo dell’equitazione: è stata la mia esperienza come attore a portarmi fino a lui. In quel periodo ero stato contattato per un film. Il regista mi disse che per fare quella parte c’era bisogno di imparare ad andare a cavallo, così io e le mie colleghe iniziammo a prendere lezioni di equitazione a un maneggio, che tra l’altro era vicino a casa mia, ma di cui ignoravo l’esistenza. Quando mi accorsi che la produzione del film non era molto seria, pensai di interrompere le lezioni, ma furono le mie colleghe a insistere: avremmo potuto continuare le lezioni per conto nostro e perfino provare a partecipare a un trekking a cavallo che ci sarebbe stato quell’estate: un percorso da veri campioni, 5 giorni a cavallo da Malmantile a San Galgano! La cosa mi esaltò, e nonostante non fossi esperto, il trekking fu un’esperienza faticosa ma bellissima. Al mio ritorno ormai ero un appassionato di cavalli. Fu allora che Otto entrò nella mia vita. Il mio amico Saverio mi parlò della possibilità di avere un cavallo tutto mio, e guarda caso lui ne conosceva proprio uno che, se non fosse stato adottato da nessuno, sarebbe stato portato al macello. Questa frase suonò come un campanello d’allarme alle mie orecchie e sentii chiaramente che dovevo andare a conoscerlo.
L’esperto amico Nando mi accompagnò, era l’8 ottobre del 2009. La sua muscolatura era rilassata, era un cavallo spento e stanco, che non lavorava più. Aveva 16 anni. Era stato un galoppatore dai 3 agli 11 anni, poi si era fermato. Non esitai, lo misi sul carrello e lo portai al maneggio vicino a casa mia.
La nostra storia iniziò proprio così. Allora non potevo immaginare cosa potesse significare per me il rapporto con lui… il cavallo non è come un cane, che ti fa le feste ogni volta come fosse la prima. Il cavallo ha bisogno dei suoi tempi per dare e ricevere fiducia. Noi ci abbiamo messo 1 anno per entrare in simbiosi e capirci a vicenda. Un anno in cui lo tenevo nel box credendo di fare bene, quando invece lui aveva bisogno di stare libero. Questa libertà ho imparato a dargliela dopo, e per 7 anni lui l’ha vissuta standomi vicino e seguendomi ovunque andassi. Sono stati anni meravigliosi, la nostra connessione era totale. Ricordo le nostre passeggiate nelle campagne lastrigiane, nelle quali io mi dimenticavo di tutto ed entravo in connessione non solo con lui, ma, attraverso di lui, anche con la Natura e con il Tutto che ci circondava. Mi resi conto che non ero mai entrato in simbiosi con la Natura come fino ad allora, compresi cosa significasse meditare sulla bellezza del Creato e iniziai a percepire con forza il contatto con gli elementi terra, acqua, fuoco, aria ed etere; come una vera e propria necessità. Il cambiamento inaspettato ormai era avvenuto in me in modo irreversibile. Un giorno mi capitò in mano un libro di una ragazza che frequentava il maneggio: era un libro che parlava di Ayurveda. Questa materia, fino ad allora sconosciuta, rispondeva alle domande più profonde che mi stavo facendo, per cui iniziai a studiarla. Il resto è storia, storia della mia vita e di come è cambiata grazie a lui, il mio messaggero. Il 20 agosto 2016 Otto ha lasciato il suo corpo, ma continua a vivere con me e gli sarò riconoscente per sempre.